Introdurre tardi alcuni alimenti può aumentare il rischio di allergie
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(aggiornata il 17-01-2010) Nessun allarmismo ma solo informazione
La scelta di ritardare l’introduzione di alcuni alimenti solidi nella dieta di un bambino con lo scopo di prevenire le allergie potrebbe rivelarsi controproducente.
La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Tampere che hanno analizzato 994 bambini che avevano partecipato a uno studio sulla prevenzione del diabete. I piccoli sono stati seguiti sin dalle prime settimane di vita e sono stati presi in considerazione numerosi fattori, come allattamento al seno e modalità di svezzamento. All’età di cinque anni il 17% dei bambini aveva sviluppato delle allergie, il 23% era sensibile ad alcuni allergeni inalati e il 12% era diventato intollerante al latte di mucca, il 9% alle uova, il 5% al grano e l’1% al pesce.
Bright Nwaru, a capo dello studio, ha illustrato sulle pagine di Pediatrics le conclusioni alle quali sono giunti al termine delle indagini: introdurre tardi alcuni alimenti potenzialmente allergenici potrebbe causare un aumento del rischio di allergie, anche se i genitori non sono allergici.
Un esempio chiaro, le uova: se introdotte dopo i dieci mesi e mezzo aumentano il rischio che il bimbo ne diventi allergico; ma anche introdurre avena e grano dopo i sei mesi aumenta i rischi, così come inserire il pesce nella dieta dopo gli otto mesi aumenta le probabilità di sviluppare una sensibilità ad allergeni inalati. Lo studioso finlandese ha specificato che questi risultati non portano inevitabilmente alla conclusione che le attuali raccomandazioni relative a un allattamento materno esclusivo per i primi sei mesi di vita vadano riviste, ma certamente offrono una interessante e inedita lettura delle possibilità di prevenire lo sviluppo delle allergie.
La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Tampere che hanno analizzato 994 bambini che avevano partecipato a uno studio sulla prevenzione del diabete. I piccoli sono stati seguiti sin dalle prime settimane di vita e sono stati presi in considerazione numerosi fattori, come allattamento al seno e modalità di svezzamento. All’età di cinque anni il 17% dei bambini aveva sviluppato delle allergie, il 23% era sensibile ad alcuni allergeni inalati e il 12% era diventato intollerante al latte di mucca, il 9% alle uova, il 5% al grano e l’1% al pesce.
Bright Nwaru, a capo dello studio, ha illustrato sulle pagine di Pediatrics le conclusioni alle quali sono giunti al termine delle indagini: introdurre tardi alcuni alimenti potenzialmente allergenici potrebbe causare un aumento del rischio di allergie, anche se i genitori non sono allergici.
Un esempio chiaro, le uova: se introdotte dopo i dieci mesi e mezzo aumentano il rischio che il bimbo ne diventi allergico; ma anche introdurre avena e grano dopo i sei mesi aumenta i rischi, così come inserire il pesce nella dieta dopo gli otto mesi aumenta le probabilità di sviluppare una sensibilità ad allergeni inalati. Lo studioso finlandese ha specificato che questi risultati non portano inevitabilmente alla conclusione che le attuali raccomandazioni relative a un allattamento materno esclusivo per i primi sei mesi di vita vadano riviste, ma certamente offrono una interessante e inedita lettura delle possibilità di prevenire lo sviluppo delle allergie.
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